I luoghi del marmo giallo di Castronovo di Sicilia

Il marmo giallo a Castronovo di Sicilia

Quasi in tutte le Chiese di Castronovo di Sicilia si può ammirare il marmo giallo attraverso varie opere realizzate con lo stesso (altari, acquasantiere, ecc). Ultimamente è stato realizzato in marmo giallo il sarcofago che contiene le spoglie mortali di Fra Vitale Lino (presso il Convento dei Cappuccini). Nella gallery potete visionare alcune immagini che certamente non donano la realtà. Per ammirare la bellezza del marmo giallo bisogna vederlo con i propri occhi…

Vi invito a venire a Castronovo di Sicilia...

  • Esterno Chiesa Madre
  • Particolare della torre campanaria
  • Interno Chiesa Madre
  • Scalinata dell’altare maggiore, particolare
  • Altare della navata, particolare.
  • Altare della navata, particolare.
  • Acquasantiera
  • Altare del Santissimo Sacramento
  • Altare delle anime sante
  • Paliotto dell'altare delle anime sante
  • Altare dell'adorazione dei magi
  • Altare di San Vitale
  • Altare di San Giuseppe
  • Altare di Santa Lucia
  • Altare della Madonna del Rosario
  • Altare della Madonna della Catena
  • Chiesa di Santa Caterina d'Alessandria
  • Interno
  • Acquasantiera
  • Chiesa di San Francesco e Palazzo Municipale
  • Chiesa di San Francesco
  • Interno
  • Altare dell'Immacolata Concezione
  • Particolare dell'altare dell'Immacolata
  • Altare di San Pasquale Baylon
  • Altare di San Giuseppe
  • Convento dei Cappuccini
  • Sarcofago di Fra Vitale Lino

Il più famoso luogo "La Reggia di Caserta"

(...) Sul vestibolo superiore, di fronte al vano dello Scalone d'onore si apre la Cappella Palatina, inaugurata alla presenza di Ferdinando IV nel Natale del 1784. La Cappella Palatina simile, per volontà del re, alla cappella della Reggia di Versailles è una grande sala a galleria con un colonnato che s'innalza su un alto basamento ed è ricco di marmi e decorazioni in oro. La tribuna reale è situata sulla parete d'ingresso e vi si accede mediante una scala a chiocciola a destra dell'ingresso stesso. La parete di fondo è decorata con colonne in giallo di Castronovo e specchiature in marmo di Mondragone. Sopra l'altare troneggia L'Immacolata Concezione di Giuseppe Bonito, unica tela superstite tra quelle commissionate per la cappella, poichè il bombardamento del 24 settembre 1943 distrusse gli arredi sacri e i tre dipinti della tribuna reale (...).

  • Caserta. Reggia, cappella palatina.
  • Caserta. Reggia, cappella palatina, colonne della tribuna.
  • Caserta. Reggia, cappella palatina.

Chiesa di Sant’Agata alla Badia (1735-1782) - CATANIA

La chiesa Badia di Sant’Agata è una delle maggiori espressioni del tardo-barocco siciliano, opera di Giovan Battista Vaccarini, nella quale l’architetto settecentesco spinge ai massimi livelli la composizione e l’apparato decorativo della facciata e realizza, nella pianta centrale, una soluzione spaziale dall’ampio respiro in cui sono chiari i riferimenti alle soluzioni architettoniche sperimentate a Roma ad opera di Borromini e di altri artisti. Iniziata a partire dal 1735 la costruzione fu ultimata nel 1767 con la conclusione della cupola. Le decorazioni interne, dalla pavimentazione in marmo bicromo alla finitura a mezzo stucco delle pareti e degli elementi plastici dell’ordine architettonico, dagli altari in marmo giallo ai gruppi scultorei, fino alle preziose gelosie lignee, furono iniziate nel 1770 quando il Vaccarini era già morto (marzo 1768) e protratte fino al 1782. L’impianto planimetrico della chiesa è a pianta centrale con accentuazione dell’asse longitudinale rispetto a quello trasversale, attraverso la maggiore profondità del vestibolo d’ingresso e del presbiterio rispetto agli ambienti laterali. La predominanza spaziale dell’ambiente circolare centrale (del diametro di circa 16 m ) è accentuata dallo slancio verticale della cupola, che si erge sul sottostante tamburo. Lungo le bisettrici degli assi principali si innescano quattro nicchie ad esedra, contenenti altrettanti altari sormontati da statue. Le colonne ai lati delle nicchie, non pienamente distaccate dalle pareti retrostanti, sono poste ai vertici di un ottagono irregolare, con i quattro lati lunghi disposti ortogonalmente agli assi principali ed i lati corti normalmente alle bisettrici. Le colonne sorreggono gli archi di imposta del tamburo circolare, raccordati tra di loro dalle vele. Le pareti, attraverso il movimento plastico delle colonne e delle lesene composite, e l’alternanza dei pieni e di vuoti delle nicchie, nel gioco di luci e di ombre che si determina, assumono un ritmo misurato e cadenzato che si focalizza, attraverso il coronamento della trabeazione che penetra nel presbiterio, sull’abside dove è collocato l’altare maggiore. A questo ordine architettonico principale, che segna gerarchicamente lo spazio, si associa un ordine secondario, di minore altezza che, attraverso l’uso di semicolonne doriche, delimita l’atrio d’ingresso e le unità spaziali ai lati dell’asse longitudinale sormontate dalle cantorie. A fare da raccordo tra i due ordini sono gli archi a tre centri impostati sulle semicolonne doriche e caratterizzanti il prospetto delle cantorie, in corrispondenza delle quali la trabeazione dell’ordine principale si interrompe, riunificata però dalle pregevoli gelosie lignee. Le uniche note cromatiche introdotte sono quelle degli altari in marmo giallo di Castronovo, donato dal re Carlo III, delle nicchie e dell’abside e del gruppo più complesso dell’altare del “Crocifisso” posto sulla parete di fondo del braccio destro dell’asse trasversale, oltre ad altri elementi secondari come il portalino di marmo giallo, le gelosie in legno con dorature, e la ricca sequenza di candelabri dorati a coronamento della trabeazione. Su ogni altare sono poste statue di stucco marmoreo raffiguranti: Sant’Agata con due puttini, nell’altare maggiore, Sant’Euplio, San Giuseppe, l’Immacolata Concezione e San Benedetto negli altri quattro, tutte opere di Giovan Battista Marino. La facciata, caratterizzata dalla concavità della parte centrale rispetto alla convessità delle parti laterali a cui fa da contrappunto la triplice concavità del muro d’attico, è concepita dal Vaccarini come una sorta di quinta rispetto alla strada che la lambisce. La decorazione plastica dell’ordine gigante che segna gerarchicamente il prospetto, è costituita da elementi decorativi che richiamano l'iconografia della Vergine e Martire catanese: le palme, la corona e i gigli dei capitelli sono, infatti, i simboli di Sant’Agata. Il portale, preziosa opera di Giovanni Maria Amato, risale al 1683 e fu recuperato per volontà del Vaccarini dalle macerie della precedente chiesa distrutta dal terremoto del 1693. Tra i capitelli corre una gelosia panciuta metallica poggiante su una frangia arabescata in pietra, palese richiamo all’ornamento del ciborio del Bernini di San Pietro in Vaticano. Il prospetto è concluso superiormente da un alto attico con parapetto traforato, mentre la maestosa cupola, con doppi costoloni semiellittici che partono dal tamburo e si saldano alla base della lanterna, conclude l’edificio.

  • Esterno della Chiesa
  • Interno della Chiesa
  • Altra bellissima immagine dell'interno
  • Navata centrale
  • Altare dell'Immacolata Concezione
  • Altare di San Benedetto
  • Particolare dell'altare di San Benedetto
  • Altare del SS. Crocifisso
  • Particolare dell'altare del SS. Crocifisso
  • Altro particolare
  • Altare di San Giuseppe
  • Altare di Sant'Agata
  • Particolare dell'altare di Sant'Agata
  • Altare di Sant'Euplio

Cappella di Nostra Signora della Soledad - PALERMO

La Cappella della Soledad si trova a Piazza della Vittoria, nei pressi della Cattedrale di Palermo, ed è quello che resta dopo il bombardamento del ’43 della cinquecentesca Chiesa di S. Demetrio.  Oggi è territorio spagnolo a Palermo, gestito dall’Opera Pia Stabilimenti Spagnoli in Italia dell’ambasciata di Spagna presso la S. Sede. Nel 1590 all'interno della Chiesa di San Demetrio fu costruita la Real Cappella della Soledad, appartenente al clero spagnolo. La seconda guerra mondiale distrusse la Chiesa di San Demetrio ma lasciò miracolosamente intatta la cappella. L'interno è ricchissimo di marmi mischi, affreschi, busti. In particolare si nota molto il famoso marmo giallo delle cave del Kassar di Castronovo di Sicilia. Sull'altare si trova la Madonna della Soledad, portata in processione dalla Congregazione di nostra Signora della Soledad il Venerdì Santo. Molto bello il manto in velluto nero posto sul simulacro della Vergine, dono della regina Margherita di Savoia. Ringrazio il mio amico Ing. Enzo Gentile di Castronovo di Sicilia per avermi fornito le foto della Cappella e per il consenso alla pubblicazione nel sito.

Chiesa di San Camillo dei Mercedari (o dei Crociferi) – CATANIA

(...) Gli altari sono adornati da grandi quadri: il Transito di San Giuseppe di Natale Distefano del 1835, Sant’Agata e Santa Lucia dello stesso pittore copia del 1836; Estasi di San Camillo di A. Pennini del 1773; la Madonna della salute di Tullio Allegra del 1900; il Santissimo Crocifisso spirante di autore ignoto del 1828.
La zona absidale ospita l’altare maggiore, in marmo policromo, i cui riquadri sono incorniciati con profili di
marmo giallo di Castronovo (‘700). Ai suoi lati troviamo due grandi candelabri in legno dorato e sulla parete dietro una Madonna con Bambino dipinta su tavola.

  • Esterno della Chiesa
  • Interno della Chiesa
  • Particolare dell'altare maggiore
  • Particolare del paliotto dell'altare

Chiesa di Casa Professa (o Santa Maria di Gesù) - PALERMO

La Chiesa di Casa Professa (o Santa Maria di Gesù) si iniziò a costruire tra il 1564 ed il 1578 su progetto dell’architetto Giovanni Tristano. Sullo scorrere del XVII secolo si pensò ad un nuovo ampliamento che diede alla struttura interna l’odierno e definitivo assetto. Il 9 maggio 1943, per un bombardamento aereo nemico, venne distrutta la cupola ad alcune parti della volta centrale. Prontamente ricostruita sull’antico disegno, la Chiesa del Gesù venne riaperta la culto nella sua piena magnificenza, il 5 dicembre 1954.

L’interno è a croce latina con tre navate e ampio presbiterio. Tutta la chiesa è ricoperta da una esuberante decorazione marmorea per celebrare la gloria di Gesù e dalla Madonna, con un complesso programma iconografico arricchito da motivi floreali, umani, animaleschi ed astratti, realizzati con la tecnica a marmo mischio e tramischio, eseguiti dai migliori scultori siciliani a partire dal 1658. Tra i maestri di pittura e scultura troviamo opere di Pietro Novelli, Gaspare Bazzano, Antonio Grano, Camillo Camilliani, Ignazio Marabitti.

Il termine mischio deriva dal verbo mischiare ossia mescolare: nelle arti decorative il marmo mischio è un marmo policromo, risultato dalla giustapposizione di diverse tessere (o croste) di marmo colorato e paste vitree inserite all’interno degli incavi realizzati su una matrice di grandi dimensioni, solitamente una lastra di marmo bianco di Carrara. Gran parte dei marmi colorati erano originari di diverse zone della Sicilia: il grigio veniva da Billiemi, il giallo da Castronovo, il rosso da Piana dei Greci, il Libeccio da Custonaci, il Cotognino da Monte Pellegrino. A far risaltare il tutto, la cosiddetta “pietra di paragone” ossia il marmo nero proveniente dalle Fiandre.

Questo forte contrasto cromatico caratterizzerà la produzione decorativa in marmo tipica del Barocco del capoluogo siciliano.

Spesso si utilizza il termine marmo mischio in maniera piuttosto generica per indicare questa ben precisa tecnica di lavorazione del marmo: in realtà questo sta ad indicare piuttosto la resa bidimensionale del manufatto, infatti se questo presenta elementi tridimensionali (aggettanti) non si parla di mischio, bensì di tramischio.

  • Esterno della Chiesa
  • Interno

Chiesa dell'Immacolata Concezione - PALERMO

Artigianato palermitano, sec. XVIII - pavimentazione, particolare con marmo giallo di Castronovo e marmo nero di Fiandra nella rosa dei venti.

Chiesa monumentale di San Nicola l'Arena - Cappella di Sant'Andrea - CATANIA

(...) La tela riproduce il martirio del Santo, rappresentato mentre viene legato con una fune ad una croce a X, che da lui prese il nome; i carnefici compiono l'orrendo supplizio per comando del Proconsole Egea.

La struttura della Cappella richiama le decorazioni di ordine corinzio, la zoccolatura dell'altare è realizzata in marmo breccia d'Aleppo, la base e la cornice dello zoccolo in giallo di Castronovo di Sicilia.

Le quadrature dei pilastri sono in marmo di Portasanta, mentre la cornice marmorea del quadro in marmo morgatello di Spagna (...).

Chiesa di San Giuseppe dei Teatini - PALERMO

Prima di lasciarvi travolgere dal fasto barocco, proviamo ad andare per ordine. Ai due lati della porta d’entrata troverete due grandi angeli che in posa di volo vi offriranno le loro acquasantiere di marmo giallo di Castronovo. Sono opera dello scultore Ignazio Marabitti (Palermo 1719-1797).

Una rappresentativa squadra di marmorari, quali Giuseppe Marino, Domenico Calì, Giacomo Pennino, Lorenzo Marabitti e la bottega familiare dei Musca, diretti da Nicolò Palma, Francesco Ferrigno e Don Francesco Quecqelar, intervenne poi nel rinnovamento che, a partire dal 1725, interessò l’area presbiteriale della chiesa di San Giuseppe dei Teatini, utilizzando prevalentemente il giallo di Castronovo, secondo disegni provenienti da Roma (Sugli esecutori e sul «disegno delli bellimenti» per la riqualificazione del presbiterio cfr. D. MALIGNAGGI, La scultura della seconda metà del Seicento e del Settecento, in Storia della Sicilia, vol. X, Napoli 1981, pp. 170-171).

Chiesa della Santissima Trinità - Villafrati (PA)

(...) In piazza Umberto I sorge la Chiesa della SS. Trinità, edificata dai conti Filangeri tra il 1750 e il 1765. Ha un’unica navata, corredata da sei altari (tre per lato), che si conclude all’altare maggiore, nel presbiterio delimitato da una bella balaustra in marmo rosso. La chiesa è inserita nel circuito del Museo Diffuso d’arte figurativa nell’Alto Belice Corleonese perché custodisce il fonte battesimale realizzato tra il 1765 e il 1766.Il fonte è in marmo giallo di Castronovo.

Chiesa di San Matteo - Palermo

(...) Nelle architetture chiesastiche, è soprattutto a Palermo, architetti e marmorari sfruttano appieno le potenzialità cromatiche di questo materiale. Tra gli esempi più rilevanti va annoverata la chiesa di San Matteo, all’interno della quale il marmo giallo di Castronovo è stato utilizzato per realizzare i portalini del transetto, ma anche nei rivestimenti delle grandi paraste e dei piloni che sostengono la cupola.

Chiesa di Santa Caterina al Cassaro - Palermo

(...) Il convincente risultato prodotto in simili esempi ha suggerito l’impiego del marmo giallo di Castronovo in altri episodi, quali i portalini che si inseriscono nel rivestimento del sottocoro rococò della chiesa di Santa Caterina al Cassaro.

Chiesa di Santa Chiara - Palermo

(...) A questi documenti si aggiunge ora la «relazione misura e stima delle opere di marmoraro per la facciata dell’architettura nuovamente fatta nella cappella dell’Assunta dentro del monastero di Santa Chiara», redatta nel 1734 dall’architetto Francesco Ferrigno, in quanto «fatta suddetta opera di pietra giarna di Castronuovo».

Cattedrale di Siracusa

(...) Nella cattedrale siracusana, un altro marmoraro palermitano - Pietro Allegra - verrà chiamato ancora quattro decenni dopo il Marino a realizzare i gradini, «in pietra di paragone rabiscati a tenore del disegno con rabischi del giallo di Castronovo», della raffinata scalinata dell’altare maggiore e del coro, insieme alla pavimentazione dell’intera area absidale, «caratterizzata da una stesura compositiva omogenea con cerchi e poligoni annodati».

Il disegno della pavimentazione prevedeva l’impiego del medesimo giallo per «li contorni» dei motivi geometrici interni, riprendendo a modello crustae più antiche, e per ciò stilisticamente lontane dal gusto del momento, in parte reimpiegate.

Particolare del pavimento
Particolare del pavimento
Scalinata dell'Altare maggiore

Chiesa dell’Addolorata – Niscemi (CL)

(…) Era più importante la costruzione degli altari. Sin dal principio della fabbrica della Chiesa, secondo il progetto da eseguirsi, si era stabilito che vi si sarebbero eretti tre altari: quello di mezzo, il maggiore, dedicato al SS. Crocifisso e alla Vergine dei Sette Dolori; quello a destra di chi entra dedicato a Maria SS. della Mercede; e l'altro, di fronte, a S. Filippo Neri, culto antichissimo della Confratia. Questi tre altari si volevano di marmi rari e bellissimi. Per questo fu chiamato da Catania il marmoraro Domenico Viola, il quale nel 2 ottobre 1763 stipulò un contratto con il procuratore della Chiesa, dopo aver presentato il disegno. Il Viola si impegnava a costruire i tre altari, secondo il disegno approvato, magnificamente travagliati, con tre gradini per l'altare maggiore, e due per gli altri. I colori dei marmi dovevano essere: Rosso di Francia, Verde di Calabria, Saravazza di Genova, Giallo di Castronovo, Rosso di Sibia, Nero paragone; marmi che avrebbero dovuto fornire lo stesso Viola e trasportarli in Niscemi; il Procuratore avrebbe dato la pietra forte necessaria, il marmo di Poggio Diana, e il Verde antico che a sue spese avrebbe fatto cavare nel feudo di Fargione e trasportare nella Chiesa. Il prezzo stabilito fu di onze 21. Il lavoro doveva cominciare nel gennaio del 1764. Il disegno era bellissimo e la lavorazione fu mirabilmente eseguita. Nel maggio 1764 i tre altari furono collocati al loro posto; fu da tutti ammirata la loro proporzione, la bellezza, la varietà armonica e lo splendore dei marmi.

Altare di Maria SS.ma della Mercede
Altare dell'Addolorata
Altare di San Filippo Neri

Basilica di Santa Maria della neve – (Ponticelli Napoli)

Il pavimento è costituito da lastre di Marmo Bianco di Carrara, Marmo Bardiglio Imperiale e localmente da Marmo Bardiglio Nuvolato. La zoccolatura ai piedi dei pilastri della navata centrale è in Marmo Bianco di Carrara per la parte superiore mentre il rivestimento basale è realizzato con lastre di Bardiglio Nuvolato. Il rivestimento basale delle murature perimetrali interne è realizzato con lastre di Bardiglio Nuvolato interessate da fenomeni alterativi piuttosto spinti. Gli altari, le balaustre e altri elementi architettonici sono realizzati con marmi diversi e in particolare con: Carrara Bianco, Bardiglio Imperiale e Bardiglio Nuvolato, Libeccio di Custonaci (TP), Nero del Belgio, Giallo di Castronovo, Brocatello di Spagna e Alabastro calcareo (non si può escludere riconducibile all’Alabastro Cipollino di Gesualdo).

 

Esterno
Interno
Interno2
Acquasantiera
Altare
Ambone
Altare di San Vincenzo
Altare di Santa Teresa
Tabernacolo

Palazzo Forcella de Seta - Palermo

(...) Le quattro pareti presentano un basamento di marmo rosso venato, proveniente dalle cave di S. Vito, separato dalla fascia superiore mediante una cornice suddivisa in tre fasce decorative che corrono lungo tutti i lati della sala; la prima, di bianco apuano, è incisa con decorazione a fiori riempita con impasto di terra nera; la seconda, più grande, con disegni geometrici triangolari bicolore; la terza, inserita tra due cornici semicircolari in legno dorato, è in pietra di varia natura (Giallo di Castronovo, Verde Alpino o Serpentino ecc). A sud occidentale, che confina con la Grande Galleria, presenta due aperture ad arco acuto, larghe 1,45 metri, ai lati delle quali sono disposte due colonne di marmo su plinti a base quadrata. I plinti, rivestiti da lapidei pregiati (Giallo di Castronovo, Rosso di Piana ecc.), sono decorati con motivi geometrici. La parete C nord orientale è suddivisa da cinque finestre di legno della larghezza di 1,13 metri, inquadrate ai lati da colonne in breccia calcarea di Monte Pellegrino poggianti su plinti a base quadrata. Questi ultimi, in lapideo Giallo di Castronovo, sono decorati a intarsio con un disegno a fiori (...).

 

Cattedrale di Agrigento

"Nuova Cattedra Episcopale" - Inaugurata il 22 febbraio 2022

Il progetto della nuova cattedra prevede il rispetto dell'impronta planimetrica della preesistente, differenziandosi in alzato. Mantenendo valore simbolico della cattedra-servizio è stata migliorata la dimensione funzionale della presidenza del vescovo, in relazione alle complesse e articolate liturgie episcopali. Tali azioni concretamente si sono tradotte nella rimodulazione dei piani di calpestio, migliorando il rapporto tra alzate e pedate, e adeguando la superficie di arrivo alle esigenze celebrative. La rimodulazione delle altezze e della nobile semplicità dell'apparato simbolico ha permesso di porre di porre la cattedra in relazione con l'ambone e l'altare, facendo da cerniera con l'assemblea celebrante. Le forme scelte e i materiali utilizzati rispettano il principio di semplicità in contrasto con le forme articolate e complesse del contesto architettonico. Per il rivestimento del basamento a corpo pieno il materiale scelto è il corten, materiale povero e in contrasto con la preziosità dei marmi che rivestono il basamento, il seggio episcopale e le sedute degli assistenti. L'eliminazione della quinta addossata alla colonna e del relativo baldacchino hanno permesso una nuova disposizione delle sedute laterali, accentuando l'importanza e la centralità della cattedra. La scelta dei marmi, bianco assoluto e il giallo di Castronovo, nonché il corten, garantiscono un'immediata riconoscibilità dell'intervento, definendo il contesto storico di realizzazione. Commissionata dall'arcivescovo Alessandro Damiano è stata progettata dalla Commissione beni culturali con il supporto tecnico dell'arch. Salvatore Troisi e Calogero Giglia e dalla Storica dell'Arte Domenica Brancato. Realizzata dalla ditta Costantino e Michele Buontempo.

Cappella dell'Ecce Homo - San Giovanni Gemini (Ag)

La Cappella dell’Ecce Homo nel mese di luglio del 2013 è stata restaurata grazie al contributo e alle offerte di numerosi abitanti del centro storico.

Alessio Tagliareni, responsabile della struttura, e Illuminato Manetta, sono stati delegati dagli abitanti del quartiere ed hanno provveduto ad un restauro accurato della cappella.

Gli interventi realizzati:  (1) la nuova copertura per eliminare l’umidità che stagnava all’interno della cappella; (2) la realizzazione della nuova nicchia, scavata all’interno di una pietra di  marmo giallo di Castronovo, dove è collocata adesso la statua,  e di un altare in marmo.

E’ stata anche restaurata l’antica tridimensionalità in gesso, applicata nelle pareti laterali, che raffigura l’ultima cena.

Anche all’esterno della cappella i due volontari restauratori hanno operato diversi lavori, lo scrostamento della pietrà dell’edificio, la pulizia della campana, il rifacimento della nuova illuminazione, il restauro e la verniciatura del cancelletto in ferro, valorizzando così l’intera struttura.

Esterno della cappella
Interno della cappella

Cappella di San Giuseppe (Centro Educativo Ignaziano, ex Istituto Gonzaga) - Palermo

La cappella di San Giuseppe presso il Centro Educativo Ignaziano di Palermo (ex Collegio Gonzaga) contiene al suo interno tre altari di pregevoli marmi ad intarsio. In stile barocco, provenienti dalla Chiesa di Santa Maria della Grotta costruita nel 1612 su progetto iniziale del Gesuita Natale Masuccio (1568-1619), continuato poi dall'architetto Tommaso Blandino fino al 1629. Santa Maria Della Grotta fu abbellita nel corso del '600 sotto la direzione di Angelo Italia (1628/1701) architetto ufficiale della Compagnia di Gesù in Sicilia, uno dei massimi artefici del barocco siciliano, ed era nota per essere "tutta ornata di marmi mischi". La decorazione "a marmi mischi e tramischi". consisteva in complessi intarsi di tessere policrome di marmi e pietre pregiate, impresa possibile in Sicilia perchè marmi di diverso colore si trovarono con facilità. Santa Maria della Grotta fu chiusa al culto, al seguito dell'impresa garibaldina del 1860 e dal 1928 iniziò un'agonia che la portò alla completa dispersione del patrimonio presente. Nel 1928 alcuni altari di marmo, grazie all'interessamento del Cardinale Lualdi furono allocati presso la Cappella di San Giuseppe dell'ex Collegio Gonzaga, ora Centro Educativo Ignaziano.  I tre altari sono stati oggetto di interventi di consolidamento, ricostruzione e tassellatura delle parti mancanti o deteriorate. Infine, un imprevisto che ha sorpreso tecnici e maestranze del cantiere: sotto la superficie dipinta a tempera dell’altare maggiore è stata scoperta una lastra di pregiato marmo giallo di Castronovo, perfettamente conservata. La pittura superficiale, dunque, è stata rimossa e il marmo, proveniente da una cava ormai da tempo completamente estinta, è tornato a splendere del suo ocra intenso.

Chiesa di Santa Maria della Pietà – Palermo

(…) L’altare maggiore è realizzato in pietre dure e marmi vari. La mensa è sostenuta da quattro angeli lignei dorati genuflessi, due dei quali indicano l'urna delle reliquie che si trova al centro dell'altare stesso. Sopra l'altare sono presenti, inoltre, sei preziosi candelieri in legno dorato ed il prezioso tabernacolo sovrastato da un tronetto con colonnine marmoree di stile corinzio e putti in bronzo dorato che sostengono la culminazione a corona; il tronetto ospita un piccolo crocefisso policromo ligneo settecentesco. Il tabernacolo, in legno dipinto a motivi marmorei, lapislazzuli, marmo giallo di Castronovo e bronzo dorato, è uno dei più preziosi che esistano in Sicilia. La porticina è costituita da uno sfondo in lapislazzuli su cui è posto un cuore di diaspro sanguigno avvolto da fiamme d'oro e attraversato da una corona di spine d'oro, sormontato da una croce di diaspro costellata da varie perline e da rubini. Il tabernacolo è inoltre decorato nella parte sottostante da una figura dorata raffigurante il pellicano che si immola per i suoi piccoli, simbolo di Cristo che muore per salvare il mondo dal peccato, e nella parte soprastante da un cartiglio rosso su cui vi è l'iscrizione latina a caratteri d'oro: "Hic est Filius meus Dilectus" indicata dalla soprastante figura in bronzo dorato del Padre Eterno, che, attorniato da nubi e da visi di putti (anch'essi in bronzo dorato), con la mano sinistra sorregge il globo, con la destra indica il tabernacolo stesso.

Chiesa di San Michele Arcangelo- Lascari (PA)

(Ringrazio il Dott. Salvo Ilardo - Direttore del Museo Virtuale di Lascari - per avermi permesso di reperire detto materiale fotografico e per i testi di descrizione).

Questo paliotto “di architettura” in stile barocco, realizzato con la tecnica della tarsia marmorea piana o a “marmi mischi”, è probabilmente da identificare con quello commissionato nel 1707 dal Barone don Gaetano Ventimiglia a Domenico Magri, marmoraro specializzato palermitano, che qualche anno prima assieme a Filippo Dedia, aveva realizzato a Palermo i paliotti delle cappelle di San Benedetto e del Crocifisso, della chiesa dell’Immacolata Concezione al Capo.

Posto alla base dell’altare principale, sul frontone è ubicato lo stemma della famiglia Ventimiglia, mentre la scena dal ricercato senso prospettico, raffigura un pregevole spazio architettonico urbano barocco, inquadrato da un arco con logge laterali e colonne tortili. Al centro della composizione trova luogo una fontana esagonale zampillante, la “fons vitae”, sulla quale si trovano altre sei colonne tortili, tema questo che ritorna in tanti altri manufatti coevi, tra cui il paliotto dell’altare della Madonna di Libera inferni, posto prima nella cattedrale di Palermo e poi spostato nel santuario di Gibilmanna.

I materiali utilizzati sono il marmo bianco di Carrara; la pietra gialla di Castronovo; il rosso di Castellammare; il grigio di Billiemi e la “pietra di calcara”, un materiale vetroso di colore azzurro brillante, ricavato dalle scorie prodotte nelle fornaci da calce, utilizzata in particolar modo per il colore del cielo.

Questo grande paliotto “di architettura”, costituisce uno dei capolavori delle tarsie piane in stile barocco, venne commissionato dal barone Gaetano Ventimiglia e Afflitto e realizzato sicuramente dopo il 1677, anno in cui lo stesso resse la baronia di Gratteri. Realizzato in commesso marmoreo con la tecnica dei “marmi mischi” è ubicato nella navata di destra, ai piedi del SS. Crocifisso.

Nel fastigio si trova lo stemma delle famiglie Ventimiglia caratterizzato dalla banda a scacchi e dei d’Afflitto, dall’albero di palma accostato da due pavoni, mentre la cornice invece imita il classico boccascena del teatro barocco. La scena compositiva riproduce prospetticamente la Basilica di San Pietro e il colonnato del Bernini con al centro San Giacomo, molto caro ai Ventimiglia. Egli viene raffigurato vestito da pellegrino, col bastone in mano, il mantello sulle spalle, la bisaccia e la conchiglia, tutti attributi iconografici del Santo apostolo molto venerato in tutto il territorio madonita.

Di notevole pregio artistico questo paliotto, rispetto alle coeve tarsie a marmi mischi, è ricco di particolari minuti, resi mediante le svariate sfumature dei materiali utilizzati, quali il marmo di Carrara; la pietra gialla di Castronovo; il rosso di Castellammare; il grigio di Billiemi e infine la “pietra di calcara” di colore azzurro brillante, ricavata dalle scorie vetrose prodotte melle fornaci da calce. La lavorazione del manufatto richiedeva una certa maestria per il taglio e la pulitura ed è proprio per questo che la realizzazione del manufatto potrebbe essere attribuibile stilisticamente a marmorari specializzati palermitani, come Domenico Magri e Filippo Dedia, che nello stesso periodo avevano realizzato altri paliotti in Sicilia.

Chiesa dell'Eremo di Santa Rosalia (Santo Stefano Quisquina - Ag)

Costruita negli ultimi anni del 1600, in stile barocco, è stata abbellita alla fine del 1700, quando grazie al fervore artistico dello stefanese Ignazio Traina, architetto e frate superiore per molti anni, e ai finanziamenti dei principi Ventimiglia, furono innalzati gli altari in marmo dei fratelli Musca, tra i marmi utilizzati anche il pregiato Giallo di Castronovo, furono chiamati i fratelli Manno per eseguire affreschi e e tele, e lo scultore Filippo Pennino per realizzare la Statua di Santa Rosalia. Questa statua ha una particolarità: è stata realizzata con un unico blocco di marmo "ibrido", cioè che ha due tipi di venature; solitamente gli scultori, scartavano questi blocchi di marmo perchè, non essendo omogenei, sono più difficili da lavorare; invece la bravura del Pennino è consistita nel saper armonizzare la parete bianca con cui ha creato la veste, e la parte striata in grigio, con cui ha fatto il mantello. Questa statua è del 1775 e rappresenta Santa Rosalia nell'atto di incidere l'epigrafe. Tra gli altri lavori in marmo presenti nella chiesa, desta particolare interesse un "paliotto", cioè un intarsio realizzato interamante con pezzetti di marmo (anche in questo paliotto è stato utilizzato il marmo giallo di Castronovo), dei fratelli Musca risalente al 1700.

Una veduta dell'eremo
Veduta esterna
Interno della chiesa
Interno 2
Altare destro della chiesa
Altare maggiore
Particolare della statua di Santa Rosalia
Paliotto in marmi mischi
Particolare del paliotto

Stele funeraria dell’Archeologo Sebastiano Tusa - Chiesa di San Domenico - Palermo

Nel Pantheon degli Illustri di Sicilia riposano anche le spoglie dell’Archeologo Sebastiano Tusa, scomparso il 10 marzo del 2019 nella sciagura aerea avvenuta in Etiopia, proprio mentre ricopriva l’incarico di assessore regionale ai Beni culturali.

È stato svelato giorno 9 dicembre 2021 dal presidente della Regione Nello Musumeci, il monumento commemorativo a custodia dell’urna contenente le ceneri di Tusa, nella cappella del Ss. Crocifisso all’interno della chiesa di San Domenico a Palermo.

La stele contenente le sue ceneri è stata realizzata dall’artista palermitano Michele Canzoneri.

Un’opera polimaterica in lapislazzuli e marmi pregiati come il Giallo di Castronovo e il Bianco Statuario, in cui con la sensibilità che lo contraddistingue l’artista ha inglobato inserti in vetro soffiato e resina.

L'opera artistica e il restauro della cappella del Ss. Crocifisso sono stati promossi dai Padri domenicani di Palermo e finanziati dalla presidenza della Regione Siciliana.

“Un racconto di pietra, con il mare spezzato e un portello tombale strappato che non può chiudere o sigillare la ricchezza culturale della sua opera, riflette nella notte la tua immagine, perché appartiene alla sua stessa vita”. Con queste parole annotate nel suo Diario di lavoro l’artista Michele Canzoneri descrive il monumento commemorativo a custodia dell’urna contenente le ceneri dell’archeologo.

La pietra piatta basamentale è sormontata da due oggetti volumetricamente più scolpiti. A sinistra, un’onda bianco di carrara porta con sé, come un mare in piena, lapislazzuli, vetro e frammenti del giallo di Castronovo di Sicilia.

Il dono dei frammenti di Giallo di Castronovo all’artista Michele Canzoneri è stato fatto dall’Ing. Gaetano Lino (Ispettore onorario per i beni culturali sommersi della Provincia di Palermo), originario di Castronovo di Sicilia.

In tutto questo troviamo un curioso, quanto leggendario, parallelo di archeologia subacquea tra la nostra pietra (Giallo di Castronovo) “naufragata” nell’onda di Canzoneri e il viaggio, l’affondamento e il recupero che subiranno le colonne del marmo giallo di Castronovo per la Cappella della Reggia di Caserta opera di Giovan Battista Vaccarini.

“Nel 1751 un prestigioso incarico investì  l’architetto Giovan Battista Vaccarini (…) dovrà trovare i marmi da destinare alla nuova reggia che re Carlo di Borbone sta costruendo a Caserta, e alla testa di una squadra di maestri intagliatori comincia a perlustrare l' isola alla ricerca delle pietre più belle. A Castronovo trova il marmo giallo per le 26 colonne della cappella reale. (…) erano così preziose che lo stesso Vaccarini le accompagnò sino a Caserta e in uno di questi viaggi subì un naufragio. Era il 1757, Vaccarini rimase vivo per miracolo. In seguito riuscì a convincere il re a tentare il recupero della costosa pietra, utilizzando una macchina sommozzatrice di sua invenzione. L’impresa riuscì”. (Tratto da: L’architetto del settecento. Vita e progetti di Vaccarini, il prete che ridisegnò Catania, La Repubblica, 05.12.2011).

Stele funeraria di Sebastiano Tusa
Particolare della Stele funeraria

Cattedrale di Altamura (BA)

Nella chiesa Cattedrale di Altamura tutti gli altari, sia nella navata sinistra che in quella destra, sono più o meno ricchi in marmi colorati; tutti di epoca barocca, essi sono realizzati spesso in marmo di Carrara e abbelliti con litologie assai varie quali il Verde antico (un marmo abbastanza pregiato in epoca imperiale romana tanto che ne fu calmierato il prezzo così come si evince dall’editto di Diocleziano del 301 A.D.), il Broccatello di Spagna, il Portasanta, il Fior di Pesco, il Diaspro tenero di Sicilia, il Bardiglio, il Giallo di Siena, il Giallo di Castronovo, il Rosso Verona ed altri non sempre facilmente identificabili. Quasi tutti gli altari, ad eccezione di quello Maggiore e di quello della cappella del Santissimo Sacramento e del Presepe, hanno forma e decorazioni assai simili fra loro e quindi qui di seguito se ne descriverà uno, quello dell’Immacolata Concezione, quale riferimento anche per gli altri presenti nella chiesa Cattedrale. L’altare dell’Immacolata Concezione presenta nel paliotto un motivo a volute in rilievo in marmo Bianco di Carrara, a cui si intercalano lastre in Fior di Pesco ed in Giallo di Siena, che si conclude nel fregio centrale realizzato principalmente con Giallo di Castronovo e vari pezzi di marmi di colore verde (i vari litotipi danno un’idea dei diversi restauri che deve aver subito l’altare), fra cui anche il Verde antico. Una fascia in Broccatello di Spagna separa il paliotto dalla tavola dell’altare. Al di sopra della tavola un gradino, con inserti realizzati in Giallo di Siena bordato da sottili listelli in Nero del Belgio, porta al registro che ospita il finto tabernacolo impreziosito da tre putti e piccoli tasselli marmorei verdi fra cui il Verde antico; lateralmente e simmetricamente rispetto al finto tabernacolo, si ritrovano formelle in Fior di Pesco che, alternativamente, contengono un motivo floreale. Il secondo registro ha capialtare arricchiti da cherubini in marmo Bianco di Carrara. I pilastri, ai lati del paliotto, sono decorati con lastre in Fior di Pesco, Verde antico e verso l’alto da piccoli inserti verticali in Giallo di Castronovo sfiammato in rosso. Per completezza d’informazione di chi legge, si precisa che la colorazione bianca o gialla di alcuni marmi si può variare, riscaldandoli (“sfiammandoli”): essi infatti prendono sfumature rosse per ossidazione del ferro, che in genere è presente come idrossido (goethite, e limonite) o come solfuro (pirite e marcassite).

Facciata della Cattedrale di Altamura (BA)
Foto dell’altare dell’Immacolata Concezione
Altare Maggiore
Particolare del Paliotto dell’altare Maggiore
Particolare del pannello di sinistra
Altare del Santissimo Sacramento
Particolare del Paliotto
Particolare della parte centrale e superiore del Paliotto
Particolare della parte superiore sinistra del Paliotto
Tabernacolo superiore dell’altare del Santissimo Sacramento

La Cattedrale di Bari (Cripta di San Sabino) e la Chiesa di San Giacomo di Bari

(...) La selezione e la restituzione dei soli dati dimensionali e formali hanno permesso di desumere informazioni relative allo stato di fatto degli altari della cripta della Cattedrale e della chiesa di San Giacomo. Dal loro raffronto, effettuato alla stessa scala, è stato possibile ottenere anche informazioni proporzionali globali e dei singoli elementi costituenti. L’elaborazione grafica del rilievo degli oggetti di studio costituisce la fase propedeutica per attuare l’iter conoscitivo dello stato di conservazione delle opere. Il rilievo e la classificazione delle tipologie dei materiali lapidei degli altari in esame e delle relative forme di degrado è stato svolto con una duplice finalità: individuare le diverse forme di “alterazione”, intesa come l’azione che altera l’aspetto della materia senza variarne le caratteristiche comportamentali, e di “degradazione”, definita come il processo di perdita delle qualità comportamentali del materiale; fornire una documentazione fotografica e rilevare la precisa localizzazione ed estensione delle diverse forme di degrado dei materiali lapidei, visibili macroscopicamente mediante l’osservazione. La classificazione delle forme di degrado, svolta facendo riferimento alla terminologia raccomandata dal Lessico NorMaL 1/88 e la relativa graficizzazione permette una comprensione immediata dei fenomeni riscontrati e delle relative cause. Da questa si evince come siano numerose le “fratturazioni”, definite come degradazioni che si manifestano con la formazione di soluzioni di continuità nel materiale. Questa forma di degrado è riscontrabile principalmente in corrispondenza degli elementi realizzati in marmo giallo di Castronovo, costituenti la parte basamentale di entrambi gli altari. La formazione delle fessurazioni ha innescato la presenza diffusa di “scagliature”, intese come degradazioni che si manifestano col distacco totale o parziale di parti (scaglie) e quelle profonde e passanti hanno comportato la formazione localizzata di “mancanze”, definite come cadute e perdite di parti del materiale lapideo. Numerose “mancanze” presenti in corrispondenza degli elementi in marmo giallo di Castronovo, bardiglio, diaspro di Sicilia e verde Alpi dei gradini dell’altare della chiesa di San Giacomo, nel corso del tempo sono state integrate mediante stucchi simili cromaticamente e distinguibili a distanza ravvicinata ma diversi per composizione chimica dai materiali lapidei originali. In corrispondenza delle aree di contatto tra le parti marmoree e gli elementi in metallo del tabernacolo dell’altare della cripta della Cattedrale, si evidenzia la presenza localizzata di “macchie”, alterazioni che si manifestano con pigmentazione accidentale e localizzata della superficie, dovute alla presenza di materiale estraneo al substrato quali ruggine o sali di rame. Si rileva tale forma di degrado anche in corrispondenza delle porzioni in marmo direttamente a contatto con le zanche metalliche che, nelle parti laterali dell’altare della chiesa di San Giacomo, legano gli elementi in materiale lapideo al supporto. Puntuale è la presenza di forme di “disgregazioni”, decoesioni caratterizzate dal distacco di granuli o cristalli sotto minime sollecitazioni meccaniche, in corrispondenza degli elementi basamentali in bardiglio dell’altare della cripta della Cattedrale. Ben riconoscibile macroscopicamente e localizzabile è l’“alterazione cromatica”, che si manifesta attraverso la variazione di uno o più parametri che definiscono il colore (tinta, chiarezza e saturazione), che contraddistingue ampie porzioni dei marmi bianchi costituenti i paliotti di entrambi gli altari, le parti superiori di quello della cripta della Cattedrale e le pedate dei gradini dell’altare della chiesa di San Giacomo. Forme di “deposito superficiale”, manifeste con accumulo di materiali estranei quali polveri, si riscontrano in corrispondenza di ampie porzioni marmoree costituenti i putti dell’altare della cripta della Cattedrale e le pedate dei gradini di quello della chiesa di San Giacomo; queste ultime evidenziano anche forme di “erosione per usura”, dovuta ad azioni di calpestio, e di degrado antropico: in corrispondenza dell’alzata più bassa della gradinata di accesso all’altare, si evidenzia la presenza di una canalina passacavo in plastica che protegge i cavi dell’impianto di illuminazione dell’ambiente liturgico. La localizzazione delle forme di degrado, prevalentemente presenti nelle parti basamentali di entrambi gli altari, permette di ipotizzare che le relative cause siano imputabili, oltre che all’azione esercitata dall’uomo che fruisce delle opere in marmi policromi oggetto di studio, principalmente all’azione dell’umidità di risalita agente in entrambi gli edifici liturgici e alla natura compositiva dei diversi materiali lapidei, alcuni di quali più soggetti alle forme elencate di alterazione e degradazione (...).

  • Cattedrale di Bari
  • Altare cripta di San Sabino
  • Cripta di San Sabino
  • Chiesa di San Giacomo
  • Interno e altare maggiore
  • Particolare dell'altare maggiore

Articolo tratto da:

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Il Marmo Giallo di Castronovo si trova anche nella collezione “Corsi” del Museo di Storia Naturale dell’Università di Oxford

La collezione dei primi dell’ottocento realizzata dall'avvocato romano Faustino Corsi comprende 1.000 lastre levigate, ciascuna di una diversa pietra decorativa. Dapprima ottenne quelle usate dagli antichi romani, poi aggiunse pietre italiane usate dal medioevo fino ai suoi giorni. Ha incluso anche una selezione di rocce decorative e minerali provenienti da Inghilterra, Russia e altri paesi.

Nel 1827, lo studente di Oxford Stephen Jarrett acquistò la collezione e la presentò all'Università di Oxford. Ora è nel Museo di Storia Naturale dell'Università di Oxford. Questo sito è il culmine di un progetto di ricerca di Monica T. Price e Lisa Cooke ed è generosamente finanziato dalla Esmée Fairbairn Foundation. (Informazioni tratte direttamente dal sito del Museo di Storia Naturale dell'Università di Oxford).

Ecco la scheda completa del Marmo n. 165:

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